Il dirigente Roberto Ricci, responsabile dell’area Prove nazionali di Invalsi, afferma di condividere le preoccupazioni evidenziate da più parti in causa per l’eventuale carenza di apprendimenti degli alunni dal marzo 2020 in poi. A causa della Dad, infatti, la didattica moderna è stata messa a dura prova.
In una intervista presso l’agenzia Ansa, Ricci spiega così: “Proprio perché questo è l’anno della pandemia e siamo tutti preoccupati per le carenze nell’apprendimento che possono essere state causate dalla lunghe restrizioni per contenere il contagio del Covid 19, le prove Invalsi hanno ancora più ragione di essere effettuate come strumento in grado di fornirci i dati che ci diranno se i nostri studenti stanno raggiungendo gli obiettivi prefissati dal legislatore oppure no, e in che misura questo avviene”.
Ricci difende anche l’utilità dell’istituto, in genere avversato da molti docenti; infatti, spiega sui canali social, “le prove Invalsi fornendo un dato ampio ed esaustivo, possono servirci a supportare le evidenze e dove riscontrassimo, appunto, delle carenze nell’apprendimento, ci permetteranno di andare incontro a quegli studenti che si sono rivelati più fragili a causa delle lunghe fasi di Dad”.
Quindi la Dad ha peggiorato i livelli di apprendimento?
Sempre Ricci spiega che: “La lunga chiusura ha creato problemi non irrilevanti, che tutti noi dovremmo affrontare non cercando colpe ma soluzioni per aiutare gli studenti a superare le difficoltà. Ci tengo a precisare alcuni aspetti: cercare di capire che cosa è successo non è importante solo per capire i limiti della Dad che è stata e sarà anche in futuro uno strumento utile. Ma dobbiamo individuare che cosa non siamo riusciti ad ottenere dalla Dad, in senso positivo. La Dad ha consentito di non interrompere il filo tra scuole e studenti quando eravamo costretti a casa, questo però non vuol dire che non ci siano stati apprendimenti che non sono stati persi”.
Il panorama scolastico attuale
Da lunedì 1 febbraio, sono tornati in classe circa 8 milioni di studenti italiani, compresi i 2,5 milioni delle superiori, sebbene con percentuali che oscillano tra il 50 e il 75% in presenza. Situazione diversa solamente per la Sicilia, in cui le scuole secondarie di secondo grado faranno ritorno in classe da lunedì 8 febbraio.
Gli ultimi alunni delle superiori a far ritorno in aula sono stati quelli di Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia. Puglia, Sardegna, Veneto, per un totale di 976.668 studenti.
Quali novità in Veneto?
Sono stati accantonati e sostituiti con i banchi tradizionali i banchi a rotelle acquistati nei mesi scorsi. Infatti, secondo l’assessore regionale all’istruzione, Elena Donazzan, favoriscono l’insorgere di mal di schiena in coloro che vi accomodavano. Riportiamo le sue parole:
“In queste ore si sta completando il rientro a scuola dei ragazzi delle superiori. Il primo ciclo, lo sapete, è sempre rimasto aperto, circa 5 milioni di studentesse e studenti non hanno mai lasciato le loro aule. Le scuole superiori hanno invece ripreso la didattica in presenza, gradualmente. E in queste settimane, dove si è aperto per primi, i contagi sono rimasti stabili. È un elemento che conforta, ma l’attenzione deve rimanere molto molto alta. La scuola va protetta anche fuori dalle aule. E questa è una responsabilità di tutti. Ricordiamocelo sempre”.
Così, invece, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina sulla ripresa delle lezioni: “Ricevo molti messaggi degli studenti e delle loro famiglie: tutti consapevoli del fatto che bisogna mantenere grande prudenza, ma anche tutti ansiosi e felici di questo rientro in classe. A scuola le regole di sicurezza si rispettano, bisogna fare lo stesso anche fuori, in tutti gli spazi e le attività della giornata”.